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Il Tribunale di Milano sul caso Johnson: la responsabilità dell’ente per reato commesso dal subordinato.
Il Tribunale di Milano, sezione X penale, con sentenza n. 3314 del 2023 (ud. 6 marzo 2023, dep. 25 maggio 2023) ha condannato in primo grado Johnson & Johnson Medical S.p.a. (società avente sede in Italia e parte di un gruppo multinazionale operante nel settore dei dispositivi medici) per l’illecito amministrativo ex art. 25 d.lgs. 231/2001 a fronte del reato-presupposto di corruzione commesso da due subordinati che operavano per l’ente.
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Il caso
La S.p.a. viene citata a giudizio per l’illecito amministrativo previsto dagli artt. 5, comma 1, lett. b, 7 e 25, comma 2, d.lgs. 231/2001 in conseguenza della commissione – ad opera del personale non apicale – del reato di corruzione aggravata realizzata in concorso tra più persone (artt. 319, 319 bis, 321 e 110 c.p.).
Più nel dettaglio, un dipendente e un agente di commercio (quest’ultimo lavoratore autonomo) della persona giuridica stipulano un accordo occulto con un pubblico ufficiale: chirurgo ortopedico che rivestiva la qualifica di direttore in una struttura sanitaria pubblica. Il chirurgo, contravvenendo ai propri doveri d’ufficio, favorisce l’acquisto di materiale venduto dalla società imputata (in precedenza esclusa da una gara pubblica avente ad oggetto la fornitura di protesi) dietro compensi in denaro e altre utilità.
Tali condotte avrebbero prodotto vantaggi (economici) per l’ente tratto a giudizio e sarebbero state realizzate in violazione del modello di organizzazione della società ritenuto inidoneo a prevenire il reato di corruzione e comunque non attuato efficacemente dall’ente.
2. L’assenza di precedenti di legittimità e l’adozione del MOG come opportunità per l’ente
Con riguardo al caso concreto il Tribunale evidenzia che dall’istruttoria sono emersi i seguenti elementi:
- “inidoneità delle misure preventiveadottate nel MOG” della società;
- assenza di “iniziative adeguate tese a modificare il modello”seppur vi siano state “significative violazioni delle prescrizioni” in esso contenute;
- “totale inadeguatezza del sistema sanzionatorio”attuato dall’ente.
Inidoneità delle misure preventive
Con riferimento alla “inidoneità” delle misure preventive nella stipula dei contratti di consulenza (volte a prevenire la illecita “dazione di utilità al pubblico ufficiale”), l’ente – pur avendo previsto un protocollo articolato in 5 fasi con il coinvolgimento delle Divisioni interne della società e della Direzione compliance – dalle risultanze processuali valorizzate dal Tribunale, non avrebbe
- a)implementato un meccanismo “bloccante” in grado di “impedire di portare a compimento la fase di una procedura connotata da una violazione”;
- b)indirizzato correttamente i controlli a campione. Dunque, così facendo, prosegue il Collegio, la società non avrebbe correttamente governato il rischio del “frazionamento delle utilità” (mantenute dagli autori del reato appositamente sotto una certa soglia) né predisposto un sistema in grado di cogliere le erogazioni verso beneficiari soltanto “apparenti” (parti collegate a colui che effettivamente riceveva le attribuzioni contra legem).
A sostegno della inadeguatezza del sistema sanzionatorio, inoltre, il Tribunale rileva che «nessuna delle violazioni di chi avrebbe dovuto dirigere e vigilare e non ha vigilato […] ha dato origine ad una sanzione e/o ad un procedimento disciplinare».
5) C’è spazio per una sottile differenza: la “culpa in vigilando”, che però non è colpa del sorvegliante ma, comunque, difetto della struttura organizzativa
Nel caso sottoposto alla sua attenzione, il Tribunale ritiene provato il fatto che il reato del subordinato è stato “propiziato dall’inosservanza del dovere di direzione e di vigilanza da parte dei soggetti apicali” (e cioè da carenze di controllo) alla luce di quelle prove fornite dall’accusa vertenti non tanto sulla “ricostruzione di ciò che avevano fatto gli autori del reato” bensì
- “di quanto hanno fatto gli altri soggetti contemplati dai protocollie dalle procedure rilevanti nelle singole vicende e di quanto le loro azioni abbiano agevolato la consumazione del reato
- di quantonon hanno fatto i medesimi soggetti, ancorché prescritto dai protocolli e dalle procedure, e di quanto le loro omissioni abbiano agevolato la consumazione del reato
- di quantonon hanno fatto i soggetti preposti ad assicurare non solo il rispetto del modello organizzativo, ma anche la sanzione della sua violazione ed il suo costante aggiornamento”.