Q&A whistleblowing

Cos’è il whistleblowing?

Con “whistleblowing” si intende la rivelazione spontanea da parte di un individuo detto segnalante di un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno di un ente. Il segnalante spesso è un dipendente ma può essere anche una terza parte. una terza parte come un fornitore, un professionista o un cliente. Il d. lgsl .24 del 3023 ha introdotto questa nuova disciplina del whistleblowing ed è entrato in vigore il 30 marzo 2023. Le nuove disposizioni avranno effetto a partire dal 15 luglio 2023 con una deroga per i soggetti del settore privato che hanno impiegato nell’ultimo anno non più di 249 lavoratori subordinati.

A chi si applica la disciplina normativa?

Si applica a soggetti del settore pubblico e privati nei casi di irregolarità commessa all’interno di un ente. Per quanto riguarda il settore pubblico le amministrazioni ai sensi del decreto legislativo 165 del 2001.  Questi sono autorità amministrativi indipendenti, enti pubblici economici, concessionari di pubblici servizi e società in house. Per quanto riguarda i soggetti privati si applica alle imprese che hanno impegnato nell’ultimo anno una media di almeno 50 lavoratori subordinati. Che sia con contratti di lavoro a tempo pieno, determinato o indeterminato o part time. Oppure soggetti che pur non avendo impegnato nell’ultimo anno in media almeno 50 lavoratori subordinati rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’unione perché operano nel settore dei prodotti dei mercati finanziari, di protezione dal riciclaggio nel terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei traposti, ciò che rileva non è la consistenza dei lavoratori impiegati, quanto piuttosto il settore in cui opera l’ente. Si applica inoltre a tutti coloro che hanno adottato il modello organizzativo previsto dal decreto legislativo 231 del 2001 indipendentemente dal numero di lavoratori impiegati. Per quanto riguarda il computo della media dei lavoratori dipendenti occorre fare riferimento all’ultimo anno solare precedente a cui avviene la segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia.

Il Tribunale di Milano sul caso Johnson

  • Il Tribunale di Milano sul caso Johnson: la responsabilità dell’ente per reato commesso dal subordinato.

Il Tribunale di Milano, sezione X penale, con sentenza n. 3314 del 2023 (ud. 6 marzo 2023, dep. 25 maggio 2023) ha condannato in primo grado Johnson & Johnson Medical S.p.a. (società avente sede in Italia e parte di un gruppo multinazionale operante nel settore dei dispositivi medici) per l’illecito amministrativo ex art. 25 d.lgs. 231/2001 a fronte del reato-presupposto di corruzione commesso da due subordinati che operavano per l’ente.

  1. Il caso

La S.p.a. viene citata a giudizio per l’illecito amministrativo previsto dagli artt. 5, comma 1, lett. b, 7 e 25, comma 2, d.lgs. 231/2001 in conseguenza della commissione – ad opera del personale non apicale – del reato di corruzione aggravata realizzata in concorso tra più persone (artt. 319, 319 bis, 321 e 110 c.p.).

Più nel dettaglio,  un dipendente e un agente di commercio (quest’ultimo lavoratore autonomo) della persona giuridica stipulano un accordo occulto con un pubblico ufficiale: chirurgo ortopedico che rivestiva la qualifica di direttore in una struttura sanitaria pubblica. Il chirurgo, contravvenendo ai propri doveri d’ufficio, favorisce l’acquisto di materiale venduto dalla società imputata (in precedenza esclusa da una gara pubblica avente ad oggetto la fornitura di protesi) dietro compensi in denaro e altre utilità.

Tali condotte avrebbero prodotto vantaggi (economici) per l’ente tratto a giudizio e sarebbero state realizzate in violazione del modello di organizzazione della società ritenuto inidoneo a prevenire il reato di corruzione e comunque non attuato efficacemente dall’ente.

2.      L’assenza di precedenti di legittimità e l’adozione del MOG come opportunità per l’ente

Con riguardo al caso concreto il Tribunale evidenzia che dall’istruttoria sono emersi i seguenti elementi:

  • inidoneità delle misure preventiveadottate nel MOG” della società;
  • assenza di “iniziative adeguate tese a modificare il modello”seppur vi siano state “significative violazioni delle prescrizioni” in esso contenute;
  • “totale inadeguatezza del sistema sanzionatorio”attuato dall’ente.

 

Inidoneità delle misure preventive

Con riferimento alla “inidoneità” delle misure preventive nella stipula dei contratti di consulenza (volte a prevenire la illecita “dazione di utilità al pubblico ufficiale”), l’ente – pur avendo previsto un protocollo articolato in 5 fasi con il coinvolgimento delle Divisioni interne della società e della Direzione compliance – dalle risultanze processuali valorizzate dal Tribunale, non avrebbe

  • a)implementato un meccanismo “bloccante” in grado di “impedire di portare a compimento la fase di una procedura connotata da una violazione”;
  • b)indirizzato correttamente i controlli a campione. Dunque, così facendo, prosegue il Collegio, la società non avrebbe correttamente governato il rischio del “frazionamento delle utilità” (mantenute dagli autori del reato appositamente sotto una certa soglia) né predisposto un sistema in grado di cogliere le erogazioni verso beneficiari soltanto “apparenti” (parti collegate a colui che effettivamente riceveva le attribuzioni contra legem).

A sostegno della inadeguatezza del sistema sanzionatorio, inoltre, il Tribunale rileva che «nessuna delle violazioni di chi avrebbe dovuto dirigere e vigilare e non ha vigilato […] ha dato origine ad una sanzione e/o ad un procedimento disciplinare».

5)      C’è spazio per una sottile differenza: la “culpa in vigilando”, che però non è colpa del sorvegliante ma, comunque, difetto della struttura organizzativa

Nel caso sottoposto alla sua attenzione, il Tribunale ritiene provato il fatto che il reato del subordinato è stato “propiziato dall’inosservanza del dovere di direzione e di vigilanza da parte dei soggetti apicali” (e cioè da carenze di controllo) alla luce di quelle prove fornite dall’accusa vertenti non tanto sulla “ricostruzione di ciò che avevano fatto gli autori del reato” bensì

  • di quanto hanno fatto gli altri soggetti contemplati dai protocollie dalle procedure rilevanti nelle singole vicende e di quanto le loro azioni abbiano agevolato la consumazione del reato
  • di quantonon hanno fatto i medesimi soggetti, ancorché prescritto dai protocolli e dalle procedure, e di quanto le loro omissioni abbiano agevolato la consumazione del reato
  • di quantonon hanno fatto i soggetti preposti ad assicurare non solo il rispetto del modello organizzativo, ma anche la sanzione della sua violazione ed il suo costante aggiornamento”.