Aggiornamento “231” 28/08/2023
decreto legislativo n.231 del 2001
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Appalti di servizio. La giurisprudenza traccia il confine tra liceità e illiceità
La sentenza della Corte di Cassazione, sez. III penale (4.05.2023, n. 18530), affronta il tema degli appalti di servizio. Lo fa segnando il confine tra quelli che possono essere definiti leciti strumenti operativi e l’intermediazione illecita di manodopera.
L’appalto di lavoro appartiene ad un numerus clausus di rapporti contrattuali in cui vige una distinzione tra l’utilizzatore finale che fruisce della prestazione (l’appaltante) e l’effettivo datore di lavoro del lavoratore (l’appaltatore). Allo stesso modo come per la somministrazione di lavoro per il tramite di agenzie per il lavoro e per il distacco: al di fuori di queste ipotesi, l’intermediazione di manodopera si considera illecita.
Il fatto:
il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una Società esercente l’attività di ristorazione e l’amministratore unico di una azienda esercente attività servizi di sostegno alle imprese hanno stipulato un contratto di appalto di servizi. Il. contratto ha
ad oggetto “servizio di cucina, servizio di sala“. Tale contratto è stato ritenuto illegittimo in quanto si sarebbe trattato di sola fornitura di manodopera, senza assunzione di alcun rischio economico. I lavoratori erano inseriti nell’organizzazione aziendale della committente, i cui soci programmavano i turni di lavoro e gestivano le richieste di permessi, le ferie e i riposi.
Pertanto, nell’ipotesi di contratti di appalto in cui è preponderante l’aspetto della manodopera (c.d. appalti labour intensive), e solo residuale l’impiego di elementi di natura materiale (come accade per i servizi di ristorazione o di pulizia, oggetto della decisione in commento), tema centrale diviene l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore e l’esercizio dei tipici poteri datoriali da parte dello stesso (tra cui il potere di organizzazione, direzione e controllo, o il potere disciplinare).
In queste ipotesi dovrà essere valorizzato l’aspetto connesso all’esercizio dei poteri datoriali in capo a quest’ultimo.
Pertanto il committente non deve interferire nella scelta dei lavoratori, nel numero o nella loro identità personale, non deve impartire direttive sulle attività da svolgere quotidianamente ed esercitare il potere sanzionatorio sui dipendenti dell’appaltatore.
Possibili conseguenze:
Inoltre, se l’appalto è illecito, in quanto privo dei requisiti legali sopra descritti, si configura un’ipotesi di somministrazione illecita di manodopera. Pertanto, l’appaltatore e il committente sono entrambi soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a Euro 60,00 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (innalzati a Euro 70,00 in caso di recidiva nel triennio).
Inoltre, l’importo della sanzione amministrativa concretamente da irrogare non può, in ogni caso, essere inferiore a Euro 5.000, né superiore a euro 50.000.
Nel caso, poi, l’appalto illecito comporti anche lo sfruttamento di minori, si realizza anche un’ipotesi di reato, punita con l’ammenda fino a Euro 360,00 per ciascun lavoratore e per ciascuna giornata (innalzati a Euro 420,00 in caso di recidiva nel triennio), congiuntamente alla pena detentiva dell’arresto fino a 18 mesi.
Ove, poi, come nel caso di specie, l’appalto illecito sia stato posto in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate ai lavoratori impiegati, la fattispecie ricade nel campo di applicazione di cui all’art. 38 bis del D. Lgs. 81/2015 che disciplina il reato di somministrazione fraudolenta di manodopera. In tale ipotesi, ferme le sanzioni amministrative sopra indicate, troverà applicazione anche la pena dell’ammenda di Euro 20,00 per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione.
Inoltre essendo l’appalto fraudolento nullo per illiceità della causa negotii, i lavoratori coinvolti devono essere considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore, indipendentemente da una loro iniziativa giudiziale.
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RISCHIO CALORE
Il 28 Luglio 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 98/2023 che contiene le “Misure urgenti in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica”.
Il datore di lavoro, tenuto conto delle temperature elevate che possono registrarsi nei mesi estivi, deve effettuare una specifica valutazione del rischio da esposizione a ondate di calore e delle conseguenti misure necessarie per la tutela della incolumità del ricorrente e di prevenzione dei rischi lavorativi ai quali lo stesso è esposta.
Sulla base di questi presupposti il datore di lavoro è stato ritenuto responsabile nel caso di ipertermia da colpo di lavoro che aveva affetto un lavoratore adibito posizionamento di una copertina di cemento su un muretto esterno ad una villetta, in una giornata particolarmente calda e in un orario immediatamente successivo alla pausa pranzo (Cass. Sez. IV 30789/2022).
regole precauzionali:
In situazioni del genere vanno previste ed applicate regole precauzionali capaci di prevenire la concretizzazione del rischio, evitando di sottoporre il lavoratore ad attività all’esterno faticose in ore calde, prevedendo pause di riposo frequenti, predisponendo ripari ombreggiati, oltre ad accorgimenti sul vestiario, nonché sulla alimentazione e idratazione. La mancata adozione del modello “231” ha comportato la condanna anche in ordine all’illecito di cui all’art. 25-septies d.lgs. 231/2001.
Il D.L. 98/2023 prevede, per il periodo luglio-dicembre 2023, la neutralizzazione dei periodi oggetto di trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) per eventi oggettivamente non evitabili quali le eccezionali emergenze climatiche, estendendo anche al settore edile, lapideo e delle escavazioni, lo strumento già operante per altri settori.
Inoltre, si introduce la possibilità di ricorrere al trattamento d’integrazione salariale agricola (CISOA) a seguito di eccezionali eventi climatici.
Si prevede che i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute favoriscano la sottoscrizione di intese tra organizzazioni datoriali e sindacali per l’adozione di linee-guida e procedure concordate ai fini dell’attuazione delle previsioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, potendo recepire dette intese con proprio decreto. Il Ministero del Lavoro ha elaborato un vademecum per i rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature.
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Inail e valutazione del rischio della commissione dei reati relativi a salute e sicurezza sul lavoro di cui al lgs.231/01.
Con le recenti “Linee di indirizzo per il monitoraggio e la valutazione del rischio della commissione dei reati relativi a salute e sicurezza sul lavoro di cui al 25-septies del d.lgs. 231/01”, l’INAIL fornisce alle imprese uno strumento di diffusione della cultura della sicurezza e delle best practices di tipo organizzativo, tecnico e gestionale.
Il Documento costituisce un supporto operativo per l’implementazione di sistemi di gestione volti alla prevenzione di infortuni sul lavoro e della responsabilità dell’ente.
In particolare, si legge nel comunicato, “vengono fornite indicazioni su come monitorare e misurare i rischi di commissione dei reati relativi alla salute e sicurezza sul lavoro attraverso specifiche modalità operative conformi alla UNI ISO 45001:18”.
E ancora “Le linee di indirizzo mirano innanzitutto a orientare le imprese nella realizzazione di un modello che sia il più possibile aderente al proprio contesto organizzativo, in modo da costituire uno strumento utile sia alla riduzione degli infortuni, sia al miglioramento della gestione complessiva delle attività.
Inoltre, tale strumento consente all’impresa di rispettare i dettami normativi, tutelandosi dalla responsabilità amministrativa. In generale, una gestione corretta della salute e sicurezza porta alla riduzione dei rischi diventando anche un importante strumento di competitività”.
Il fulcro del modello di gestione proposto è costituito dall’attività di audit che, effettuata in maniera rigorosa, consente di fornire all’organizzazione indicazioni su quali sono le aree del proprio modello organizzativo e gestionale in cui è necessario diminuire i livelli di rischiosità, nell’ottica del miglioramento continuo.