Colpo di calore del lavoratore e responsabilità della Società ai sensi del D.Lgs.231/01: una recente sentenza.
La Corte di Cassazione, Sez.IV, con sentenza 9 agosto 2022 n.30789 ha riconosciuto la responsabilità di una Società di costruzioni ai sensi del D.Lgs.231/01 a seguito della morte di un lavoratore che, durante il montaggio di una copertina di cemento presso un cantiere edile, accusava, intorno alle 16.30 un malore e poi decedeva presso l’Ospedale per “ipertermia da colpo di calore”.
La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro, cui era stato contestato di “non avere preso precauzioni contro le influenze atmosferiche che potevano compromettere la salute del lavoratore, in particolare non disponendo la sospensione dell’attività lavorativa nelle ore più calde (in quei giorni le temperature massime erano di circa 37 gradi, superiori alla temperatura massima media del periodo).”
La Cassazione ha ricordato come il datore di lavoro abbia l’obbligo della “indicazione del fattore di pericolo legato ad agenti atmosferici, rientranti ex art.180 d.lgs.n.81/08, tra gli agenti fisici da valutare al fine di approntamento delle misure precauzionali necessarie a fronteggiare la incidenza sulle condizioni di sicurezza.
Nel caso di specie, è stato acclarato dalla istruttoria dibattimentale che il lavoratore B.A. si stava occupando del posizionamento di una copertina di cemento su un muretto esterno ad una villetta, esposto al sole in una giornata particolarmente calda, in un orario (immediatamente successivo alla pausa pranzo) in cui i valori termici progrediscono verso il massimo, con rischio di ipertermia da colpo di calore, dovuto anche allo sforzo fisico impiegato nell’attività.
E’ stata considerata, quindi, corretta la sentenza della Corte d’Appello la quale, in base alla consulenza tecnica, ha affermato che, in situazioni del genere, vanno previste ed applicate regole precauzionali capaci di prevenire la concretizzazione del rischio, evitando di sottoporre il lavoratore ad attività all’esterno faticose in ore calde, prevedendo pause di riposo frequenti, predisponendo ripari ombreggiati, oltre ad accorgimenti sul vestiario, nonché sulla alimentazione e idratazione. La mancata adozione del modello “231” ha comportato la condanna in ordine all’illecito di cui all’art. 25-septies dlgs. 231/2001.